venerdì 30 aprile 2010

Ridurre la dipendenza dal petrolio, solita promessa da marinaio

Quante volte ci siamo sentiti ripetere da chi ci governa: "dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dal petrolio" ?

Essere dipendenti da qualcosa che non riusciamo a produrre da soli non è si per se un problema, o per lo meno non lo è fino a quando questo bene è abbondante e a buon mercato. Sembra tuttavia opinione concorde ai più informati che l'epoca del petrolio per tutti, a causa del famigerato picco del petrolio, stia per volgere definitivamente al termine. Ce ne sarà ancora tanto per un bel po, ma non sarà per noi, perché solo chi controlla i pochi giacimenti ancora produttivi sarà in grado di procurarselo.

Illuminante a questo proposito il post di Crisis dove si passano in rassegna gli ultimi 25 anni di dichiarazioni dei presidenti americani in merito al problema dell'indipendenza energetica:

- Richard Nixon, 1974. Alla fine di questo decennio, nel 1980, gli Stati Uniti non dipenderanno più da nessun Paese estero per il fabbisogno energetico. Petrolio importato: 36,1%.

- Gerald Ford, 1975. Dobbiamo ridurre le importazioni di petrolio di un milione di barili al giorno entro la fine dell'anno e di due milioni per la fine del 1997. Petrolio importato: 36,1%.

- Jimmy Carter, 1977. A partire da questo momento, la nostra Nazione non userà mai più più petrolio importato di quanto ha fatto nel 1977. Mai più. Petrolio importato: 40,5%.

- Ronald Reagan, 1983. Mentre la conservazione vale la pena di per sé, la migliore risposta è cercare di renderci indipendenti dalle fonti estere al massimo possibile per la nostra energia. Petrolio importato: 43,6%.

- George Bush, 1992. Quando la nostra amministrazione ha sviluppato la strategia energetica, tre punti ci hanno guidato: il primo è ridurre la nostra dipendenza dal petrolio straniero. Petrolio importato: 47,2%.

- Bill Clinton, 1995. La crescente dipendenza del Paese dal petrolio straniero è una minaccia per la nostra sicurezza (...) continueremo ad aumentare gli sforzi per stimolare la produzione nazionale. Petrolio importato: 49,8%.

- George Bush Jr, 2006. La tecnologia ci aiuterà a raggiungere un grande obiettivo: rimpiazzare il 75% delle importazioni petrolifere dal Medio Oriente entro il 2025. Petrolio importato: 65,5%.

- Barack Obama, 2009. Sarà primario nella mia amministrazione ridurre la nostra dipendenza dal petrolio estero costruendo un'economia energetica che offrirà milioni di posti di lavoro. Petrolio importato: 66,2%.

Non vi sembra di aver già sentito le stesse cose anche da noi ? Leggete qui. Sono le stesse frasi, "dobbiamo garantire l'indipendenza energetica della nazione", ciò significa investire sul Nucleare, sul Carbone pulito, o per i più ottimisti sulle Energie rinnovabili (ma senza cambiare assolutamente gli stili di vita che ci piacciono tanto). In realtà si trattano tutti di falsi miti, buoni per i polli che ci cascano. Siamo dipendenti dal GAS naturale come un drogato lo è dall'eroina, e le cose non sono destinate a cambiare a breve termine.

Non solo non saremo mai in grado di limitare le nostre dipendenze dai prodotti petroliferi esteri (in particolare il Gas naturale), ma stiamo facendo di fatto l'opposto per aumentarle ulteriormente, con la scusa della "diversificazione dell'offerta", tanto è vero che siamo in prima linea per ottenere l'accesso a nuovi gasdotti, grazie a una collaborazione strategica fra Berlusconi e Putin, incluso promuovere progetti faraonici come il gasdotto South Stream e Nabucco. Quando saranno completati, probabilmente l'era del gas naturale abbondante potrebbe già essere messa in discussione.

Che fare allora ?

La prima attività è limitare drasticamente l'aumento delle importazioni, questo produrrà un inevitabile aumento dei prezzi, ma stimolerà anche la domanda per soluzioni tecnologiche di risparmio energetico che non sarebbero convenienti ai livelli attuali di disponibilità di prodotti petroliferi. Inoltre occorre limitare i consumi alla radice tramite tassazione dei processi industriali che utilizzano troppa energia per unità di prodotto. Ridurre la necessità di scaldare le nostre abitazioni utilizzando pompe di calore e sistemi passivi, ridurre il numero di autoveicoli circolanti e investire di più sul cabotaggio marittimo e sul ferro (sulle linee già esistenti, non sull'inutile TAV).

Ancora... Incentivare i mezzi pubblici e la mobilità sostenibile (bici, car-sharing, veicoli elettrici). Favorire l'installazione su tutte le abitazioni di pannelli solari termici per ridurre il fabbisogno di gas per il riscaldamento. Creare un nuovo network infrastrutturale per la distribuzione dell'energia elettrica, le cosiddette smart grids, per interconnettere tante piccole produzioni rinnovabili intermittenti (fotovoltaico ed eolico in primis) senza i problemi delle grandi dorsali adatte solo alla produzione elettrica centralizzata. Cominciare ad utilizzare l'elettricità nei processi dove prima si impiegava prevalentemente il derivati del petrolio, come nei trasporti urbani, arrivando alla diffusione capillare di veicoli mossi dalla sola elettricità.

Quando avremo fatto tutte queste cose, forse, potremmo pensare di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, e auspicabilmente arrivare a livelli di consumi per cui anche le fonti rinnovabili potranno dare un grande contributo alla bilancia energetica complessiva.

Come disse un saggio, inutile pensare di aggiungere altra acqua nel secchio, se l'acqua scarseggia e il secchio è bucato. Meglio prima tappare i buchi poi chiudere mano a mano il rubinetto. Così la risorsa potrà durarci il tempo sufficiente per una transizione morbida verso un futuro sostenibile.


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