mercoledì 14 gennaio 2009

Il ruolo delle società partecipate nei comuni

Voglio rilanciare questo illuminante post di Alessandro Ronchi sul ruolo delle società partecipate all'interno delle amministrazioni comunali. In tempi di crisi si sa che occorre sempre fare il conto con le risorse a disposizione, affidare ai privati parte dei processi gestionali di competenza comunale ha il vantaggio di liberare risorse da spendere per altri campi, come il sociale, la cultura, l'urbanistica, la sicurezza, la gestione del territorio, ma pone anche qualche problema.

Tali risorse liberate, ad esempio, non dovrebbero mai essere dirottate completamente e abdicare così all'indispensabile ruolo di "controllo", necessario per garantire una corretta pianificazione di mandato. Aziende ed enti a partecipazione pubblica, come Atr, ma soprattutto Hera SPA, obbediscono a contratti di servizio che talvolta sembrano essere più espressione diretta delle necessità dell'azienda stessa che del vincolo di fornire risposte reali alle richieste dei cittadini.

E' forse un caso infatti che, malgrado studi approfonditi come quelli di Alfonso Andretta, o l'esperienza di Forlimpopoli, ancora non si sia partiti nel pianificare l'estensione della raccolta domiciliare spinta anche sul nostro territorio ? Le preoccupazioni di tipo "finanziario" che modifiche nella gestione comportano, sono davvero reali oppure sono dettate esclusivamente da riflessi economici che vedono nella remunerazione del capitale l'unica strategia operativa perseguibile ?

Aziende come ATR, oppure SEAF a Forli, ed in generale aziende che operano nel ramo dei trasporti pubblici, saranno sempre e solo in passivo per definizione, i costi calmierati dei biglietti infatti occupano appena un terzo in media di quanto serve per ripianare il bilancio di esercizio, in questi casi affidare a privati la gestione ha un senso in quanto il recupero di efficienza potrebbe compensare in parte le spese per ampliare e migliorare il pubblico servizio. Paradossalmente, in questi contesti è più facile investire.

Il caso di Hera invece è assai diverso, la legge obbliga a riversare completamente ai cittadini l'intero costo di gestione, tramite il meccanismo della Tariffa (che non significa che si paga quello che si consuma, ma significa che il cittadino deve ripianare sempre e comunque in toto quanto l'ente spende). Hera quindi è una delle poche (forse l'unica) azienda partecipata che ha degli utili, e questo la pone necessariamente in una "linea grigia di confine" rispetto agli obiettivi pubblici dell'amministrazione.

Investire nel miglioramento del servizio ? SI! Ma a patto che i bilanci di Hera non ne soffrano... se si insisterà si proporrà "automaticamente" di aumentare le tariffe, così si disincentiva sul nascere qualsiasi operazione che non sia un "efficientamento" del sistema già consolidato. Sorpresi che il rifiuto trattato dal gestore sia sempre costantemente in aumento ?

Un corretto approccio è quello invece di farsi la seguente domanda: "Abbiamo le risorse per affrontare questo progetto ? Sapendo che fornisce un servizio migliore al cittadino e all'ambiente, ma al contempo riduce i margini di guadagno della società, conviene perseguirlo ugualmente ?"

Se rispondete di no, probabilmente sarete i prossimi candidati in occasione del rinnovo del C.d.A. di Hera.

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