sabato 31 gennaio 2009

La decrescita delle banche

Che la crisi delle banche internazionali fosse una cosa seria già lo si sapeva, che però la capitalizzazione e il valore di mercato delle stesse si fosse ridotto così tanto in soli due anni davvero andava al di la della seppur fervida immaginazione. Tutto questo denaro è semplicemente sparito, forse non era mai realmente esistito, creato grazie ad una economia di carta fatta di prodotti derivati e mutui subprime. In ogni caso tutti agivano come se il denaro delle banche fosse realmente li, al sicuro, a ricordarci di quanto ci eravamo tanto arricchiti. Il brusco risveglio è appena iniziato, quando ne vedremo l'effetto sull'economia reale ?

giovedì 29 gennaio 2009

Macori chiede un referendum sul porta a porta

Sembrerebbe che Italo Macori, dopo avere annunciato la sua intenzione di sponsorizzare la costruzione di un inceneritore a Cesena, abbia intenzione di proporre un referendum consultivo per sondare la propensione dei cittadini di Cesena verso il Porta a Porta. Che io sappia non mi sovviene di alcun comune che abbia istituito un referendum "prima" di avviare il servizio domiciliare, mentre alcuni ne sono stati istituiti al termine della sperimentazione iniziale generalmente quando il sistema non ha funzionato, come é successo ad Argelato.

Per inciso, ad Argelato la tariffa era stata ridotta dopo l'introduzione del servizio, ma la campagna informativa è stata pessima e sono stati commessi incredibili errori, come il non dotare tutti i condomini di opportuni contenitori interni di capacità maggiorata. La colpa più grave è stata comunque il non coinvolgere direttamente i cittadini nel processo di miglioramento del servizio. E' normale che dove si sono verificati problemi conclamati la gente si ribelli e ribalti una decisione a suon di referendum, lasciando vincere logiche opportuniste ed egoiste.

Dobbiamo pertanto supporre che ove non è stato chiesto un referendum la popolazione sia contenta oppure scontenta ? Io credo che generalmente sia contenta. Caso mai il problema è al contrario, ove cittadini invocano il referendum ma questi vengono negati dalle pubbliche amministrazioni per paura di perderlo, come è avvenuto a Reggio Emilia. Quando referendum confermativi vengono richiesti, specialmente quando riguardano gli inceneritori, questi perdono sempre, perchè allora ne abbiamo tanti dislocati sul territorio ? Si va contro il volere dei cittadini anche li ?

Allo scritto del Sig. Macori, persona che in ogni caso considero seria e ragionevole, rispondo pubblicamente con la seguente:

Egregio Sig. Macori,

Mi sento in dovere di rispondere alla sua cortese replica apparsa sul Corriere in merito alla proposta di istituire un referendum propositivo a Cesena in materia di raccolta differenziata. A mio parere si tratta di un grave errore metodologico. Sono personalmente contrario affinchè certi temi delicati siano trattati alla stregua di decisioni prese a furor di opinione pubblica, ci sono infatti aspetti che non dovrebbero essere affrontati in maniera ideologica, come lei giustamente sostiene.

Perchè non è stato ad esempio indetto un referendum quando si è deciso nel 2002 di istituire Hera e dare in consegna ad essa la gestione privatistica di tutti i servizi e le forniture pubbliche essenziali ? Come avrebbe potuto esprimere, un eventuale testo di referendum propositivo, l'idea poi avveratasi che il privato avrebbe favorito si l'efficienza del servizio e le casse dei comuni, ma non altrettanto gli esborsi in tariffa dei cittadini ? Certe scelte politiche devono essere trasparenti, ma alla fine compito di una amministrazione accorta è a mio avviso sempre quello di perseguire con fiducia e tenacia certe strategie e fare delle scelte, purchè indirizzate al benessere della collettività.

Dobbiamo forse indire un referendum ogni qual volta si tratta di decidere l'apertura di un nuovo parcheggio ? Se lo si facesse sarebbe come affermare che è l'amministrazione stessa a non volere una tale scelta, anzi a boicottarla. Ovunque sul territorio si è verificata una rilevante rivoluzione di tipo gestionale, come ad esempio la sperimentazione del Porta a Porta a Forlimpopoli nata nel 2007, l'impulso non è mai partito da un referendum popolare, ma da un seria presa di consapevolezza della pubblica amministrazione.

Rilancio pertanto la sua sfida, invitandola a parteggiare politicamente per l'estensione in prova del servizio domiciliare su un quartiere di Cesena come l'Oltresavio, così come accadrà a breve ad esempio per Bertinoro, ed indire poi a distanza di un anno esatto un referendum confermativo di gradimento. Così è successo a Forlimpopoli, ove recentemente la popolazione, previa consultazione popolare, ha apprezzato il nuovo sistema con percentuali bulgare vicine al 90%, inimmaginabili solo pochi mesi prima.

Un recente studio commissionato da ATO a consulenti esterni come il prof. Alfonso Andretta, ha stimato nell'introduzione di un percorso domiciliare a Cesena un possibile aggravio dei costi inferiore al 10%, comprese le indispensabili spese di avviamento e informazione dei cittadini, il che si tradurrebbe a regime in un incremento delle tariffe paragonabile se non inferiore a quelle che Hera, comunque, già applica maggiorate ogni anno ai suoi utenti. In cambio, la prospettiva di un servizio più comodo, maggiore tutela ambientale e possibilità tecnica di commisurare la tariffa futura a quanto realmente si produce come rifiuto (tariffa puntuale).

In merito al fatto che i materiali recuperati hanno scarso mercato, questo è vero ora in quanto stiamo attraversando una fase di crisi economica, tuttavia il valore di recupero dei materiali è comunque irrisorio rispetto ad altre voci che compaiono nel costo complessivo, la cui parte preponderante (oltre il 50%) è dovuta alle spese di smaltimento, le quali più che dimezzano utilizzando un sistema domiciliare spinto. L'incremento modesto di costo é in buona parte a vantaggio dell'aumento di occupazione che il regime domiciliare comporta.

Tengo a precisare che l'associazione MIZ non intende partecipare alla prossima consultazione elettorale, che non è in alcun modo affiliata a Beppe Grillo come lei ha erroneamente indicato, e che rivendica il diritto di fare Politica con l'auspicio di avviare una seria discussione, sia con voi che con altre forze politiche incluso il PD, che su questi temi importanti preferisce al momento tacere.

Cordiali Saluti,
Paolo Marani
MIZ - Cesena

mercoledì 28 gennaio 2009

Facciamo il punto sugli inceneritori e la raccolta differenziata

Vorrei fare il punto del perché gli inceneritori sono una scelta che non è adatta per una corretta gestione industriale del rifiuto, a prescindere dal territorio in cui sono utilizzati. Non è una questione di orticello privato o di sindrome Nimby, è qualcosa di più organico e complesso da valutare nei suoi molteplici aspetti.

Considerazioni energetiche

Gli inceneritori si autosostengono energenticamente, poiché il potere calorifico dei rifiuti (CDR), se almeno superiore a 2000Kcal/Kg, come è il caso dei rifiuti urbani tal quali con essiccamento e modesta preselezione, è sufficiente per alimentarlo. Ciò non significa che non abbiano consumi energetici, il consumo di combustibile fossile immesso dall'esterno comunque esiste ed è limitato alle fasi di avvio e spegnimento, occorre infatti fornire una modesta quantità di gasolio o metano per portare a temperatura di esercizio gli impianti prima della immissione del rifiuto. Se non fossero preriscaldati e spenti con un combustibile convenzionale, potrebbero funzionare in transitorio al di fuori dei parametri previsti (con conseguente extra produzione fuori controllo di sostanze inquinanti immesse in atmosfera).

Tuttavia, l'energia netta che essi producono è molto scarsa, i dati CEWEP (associazione europea costruttori di inceneritori) affermano che il rendimento elettrico medio è attorno al 15%, pertanto la maggioranza dell'energia recuperata se ne va in calore e in perdite, assai poco recuperabili anche utilizzando il teleriscaldamento (che in estate manco serve). L'incremento di rendimento termodinamico degli ultimi modelli moderni a griglia mobile (la tecnologia più utilizzata) è compensata dalle maggiori perdite dovute alla necessità sempre più stringenti di rispettare le normative sui fumi, con filtri multi-stadio in uscita (filtri a manica, elettrostatici, a precipitazione). Pertanto, anche nei modernissimi impianti di ultimissima generazione è molto difficile arrivare a rendimenti elettrici superiori al 20%.

L'energia netta prodotta è positiva solo se si considera nullo il costo energetico della produzione del rifiuto da cui è ricavata, si ignora inoltre completamente l'energia per ricreare gli stessi elementi che si fanno sparire incenerendoli, rendendoli tra l'altro non recuperabili per sempre. Per avere un ordine di grandezza su quanto in realtà "sprecano" energia anziché produrne, si può fare riferimento a questo post.

Considerazioni economiche

Gli impianti sono generalmente ad alta intensità di capitale e basso impiego di manodopera. Economicamente sono per definizione in passivo e si sostengono grazie ai Cip6, in piena violazione delle direttive normative in materia, che impediscono l'erogazione dei contributi "ecologici" a fonti che non sono rinnovabili. I contributi saranno riconosciuti, grazie alla nostra ministra Prestigiacomo, anche per tutto il 2009, sono soldi dei cittadini, e sono tanti, prelevati direttamente dalla bolletta dell'Enel (voce A3 pari a circa il 7% dell'importo medio versato al gestore elettrico).

Gli impianti di incenerimento sono molto costosi, possono superare abbondantemente i cento milioni di euro per impianti di piccola/media taglia. Ciò comporta un costo medio in italia per unità di rifiuto smaltita sulla soglia dei 100 euro a tonnellata. Riferito ad altre soluzioni di smaltimento finale più economiche come le discariche questo comporta inevitabilmente tariffe più elevate per i cittadini, i quali sono tenuti con il passaggio dal regime di tassa (tarsu) a tariffa a coprire completamente i costi vivi del servizio.

L'inceneritore di Forlì aperto recentemente è costato oltre ottanta milioni di euro, per 120.000 tonn/anno di capacità, quello di Brescia 300 milioni di euro. Si stima che alla fine della loro vita utile il costo consultivo sarà comunque molto maggiore, come per ogni grande opera tecnica costruita in Italia. Una spesa a mio parere sproporzionata rispetto al beneficio ottenuto. Federico Valerio da una sua analisi comparata dei costi dell'incenerimento.

Possiamo quindi affermare senza rischio di smentita che dal punto di vista economico, se non fossero finanziati surrettiziamente dai cittadini, nessun imprenditore sarebbe così folle da realizzarne uno in prospettiva di vedersi rivalutare il suo capitale investito, se non sovvenzionato dallo stato, quindi a debito pubblico.

Considerazioni sanitarie

Gli inceneritori sono classificati come impianti insalubri di prima categoria, pertanto ad essi vanno rivolte particolari attenzioni sotto il profilo sanitario e di impatto sul territorio. Gli studi epidemiologici sui danni provocati dagli effluvi ci sono e sono anche preoccupanti, specialmente per l'esposizione agli inceneritori delle generazioni precedenti, in cui sistemi di filtraggio non erano nemmeno paragonabili a quelli odierni. Pur tuttavia, i limiti delle emissioni sono sempre stati costantemente aggiornati al ribasso, in quanto i processi intrinsechi di combustione generano inevitabilmente composti tossici, spesso la cui pericolosità è stata in passato largamente sottostimata. Una raccolta di studi epidemiologici significativa è stato eseguito dalla dottoressa Patrizia Gentilini di ISDE.

In tempi recenti si è riscontrato che alcune sostanze possono essere attive anche a concentrazioni bassissime o infinitesime. Un esempio eclatante é rappresentato dalle temibili diossine PCDF/PCDD, per cui oggi esiste una normativa che limita a pochi picogrammi su metrocubo la loro produzione. Il grosso problema di queste normative è proprio che sono relative alla concentrazione nel volume dei fumi prodotti anziché al valore assoluto accumulato.

Questo, per sostanze in "bioaccumulo" come sono le diossine, per le quali non esiste in natura un processo di disgregazione se non in tempi lunghissimi, significa avere limiti che saranno sempre insufficienti nel medio-lungo periodo. Se sostituisco un impianto vetusto con uno di capacità doppia, ma che presenta una concentrazione di inquinanti dimezzata, al termine dell'anno avrò la stessa quantità accumulata di sostanza nociva, anche se dimezzare la concentrazione significa ricadere nei limiti di legge.

Il problema principale delle sostanze a "bioaccumulo" è che tendono appunto a concentrarsi in maniera esponenziale salendo la catena alimentare, per cui a Brescia, ad esempio, la concentrazione di diossine nel latte e altri derivati può raggiungere valori molto superiori ai limiti di legge, anche se la concentrazione nell'aria e nei suoli sembra sotto controllo. In molti casi a dire il vero ciò non è dovuto esclusivamente agli inceneritori ma anche alle altre industrie chimiche impattanti sul territorio, come per il caso Caffaro, tuttavia il principio di accumulo rende gli inceneritori i principali imputati proprio per questo tipo di sostanze.

Ulteriori motivi di estrema pericolosità, solo di recente parzialmente compresi, sono dati dalla produzione di nanopolveri da combustione, esse possono penetrare in profondità durante la respirazione e causare effetti infiammatori al di la della intrinseca pericolosità chimica degli elementi costituenti, in quanto tipicamente composte da aggregati a scala nanometrica di metalli pesanti. Questi composti sono tipici delle combustioni e non esistono filtri per eliminarli neppure parzialmente, inoltre sono tanto più pericolosi quanto più alta è la temperatura di combustione (al contrario delle diossine, la cui temperatura di dissociazione di legame è attorno ai 950°). Le ricerche in questo campo sono piuttosto recenti e portate avanti da ricercatori come Stefano Montanari.

Nessuno inoltre è in grado di stabilire cosa succede se si immettono (magari per errore) nell'inceneritore sostanze che non erano state previste in fase di progetto, ecco ad esempio cosa succede se i rifiuti sono contaminati con un carico di iodio.

Considerazioni gestionali

Gli inceneritori sono processi industriali ad alta intensità energetica e di capitale, hanno flussi in ingresso di materiali ma anche flussi di uscita. Per ogni tonnellata di rifiuto immesso si generano infatti 3 tonnellate di fumi (combinati con ossigeno e azoto prelevati dall'aria), 300Kg di ceneri pesanti da inertizzare, classificate come rifiuti speciali non pericolosi ma la cui salubrità pone notevoli dubbi, più 30Kg di "polverino", ceneri volatili estremamente tossiche che necessitano di essere smaltite in discariche speciali molto costose, tipicamente depositi geologici di salgemma, per evitare contaminazioni di acquiferi e suoli.

In Italia vige la pazzesca pratica di utilizzare esclusivamente mezzi su gomma per trasportare i materiali da e verso gli inceneritori, con conseguenti costi gestionali maggiorati, consumi energetici per autotrasporto ed inutile inquinamento aggiuntivo. In paesi come la Germania, si preferisce ovviamente utilizzare il treno per il trasporto di questi materiali, il cui costo energetico e gestionale è molto inferiore. Avete presente i treni che partono dalla Campania per gli impianti tedeschi ? Tra l'altro, all'interno di questi impianti avviene una parziale differenziazione, recuperando materie prime seconde e bruciando solo la parte non recuperabile, al costo di 400 euro/tonnellata forse potevamo farlo anche noi!

Come possiamo evitare di usarli

Se non voglio utilizzare una attività il cui unico effetto è nascondere gli effetti di una malattia, posso prendere in considerazione l'idea di curare davvero la malattia. Il che significa adoperarsi innanzitutto per ridurre i rifiuti prodotti, poi recuperare quanto possibile, poi riciclare i materiali, infine utilizzare trattamenti a freddo come alternativa all'incenerimento, ad esempio il compostaggio industriale e il TMB. I trattamenti a freddo hanno necessità impiantistiche che costano una frazione rispetto ai trattamenti a caldo, migliore efficacia, con un inquinamento incomparabilmente minore. Purtroppo danno meno lavoro alle ditte costruttrici in appalto, che sulle grandi opere (meglio se inutili) traggono sostentamento economico.

Il residuale di questi processi a freddo è tipicamente materiale già inerte che può essere spesso riutilizzato in maniera intelligente, come avviene in centri tipo Vedelago, oppure stoccato in discariche convenzionali, che ora necessiteranno di assai meno requisiti rispetto a quelle destinate al conferimento del "tal quale". Se rimane ancora qualcosa occorre premere sull'industria affinché modifichi i suoi processi produttivi.

Se una cosa non è riusabile, riparabile, smontabile, separabile, compostabile, recuperabile, l'industria semplicemente non dovrebbe più produrla, punto!

Un tassello intermedio di tutto questo sistema è rappresentato dalla raccolta domiciliare spinta, meglio se Porta a Porta. Lo stato dovrebbe infatti distribuire equamente sulla collettività (sul cittadino) il costo del lavoro di separazione, in proporzione a quanto rifiuto ognuno di noi produce, questo perché è proprio il cittadino che ha la possibilità (e tutto l'interesse) di premere affinché ciò che acquista abbia i requisiti per ridurre all'origine questo lavoro purtroppo necessario, che deve pertanto essere inteso come un dovere civico. Mi sembra un atto minimo di civiltà e di equità sociale lavorare per la sostenibilità ambientale. Se lo fanno a Friburgo, non si capisce perché non possiamo farlo anche noi.

Chi pensa che la tutela ambientale abbia un costo, ha ragione, questo costo possiamo esternalizzarlo (cioè farlo pagare alla gente più disperata sotto forma di degrado ambientale) oppure possiamo tenerne conto e distribuirlo equamente, non si può però affermare che i costi della raccolta differenziata sono insostenibili, perché questo semplicemente non risponde al vero.

Foto: Inceneritore di Vienna, colorato per sembrare più tranquillizzante.
Approfondimenti: Inceneritori su Wikipedia

lunedì 26 gennaio 2009

Crollano i prezzi dei materiali di recupero, colpa della crisi

A causa della crisi sono crollati i prezzi dei materiali destinati al recupero. Nessuno li vuole, riciclare non è più economicamente vantaggioso. Le difficoltà in cui versa la raccolta differenziata in Italia si colgono da un comunicato stampa della Regione Toscana.

L'assessore all'Ambiente ha aperto un tavolo regionale (che brutta espressione!) con gli enti che si occupano di riciclaggio per cercare rimedi alla "generale difficoltà del sistema legata alla crisi dei consumi e al crollo dei costi delle materie prime". Dato che non si tratta solo di una questione locale, l'assessore vuole che la questione sia portata all'attenzione di un "tavolo nazionale".

Ora in Toscana non ci sono problemi per riciclare il vetro e l'alluminio. Però il prezzo della plastica di recupero è crollato del 70%: e se incassi solo quattro soldi dalla vendita, come fai a pagare le operazioni di raccolta e trasporto? La carta di recupero toscana veniva esportata, ma all'estero nessuno più la vuole. Al momento è "destinata a cartiere italiane". Notate: destinata a cartiere italiane. Non si dice "venduta". Messo ancora peggio, sempre in Toscana, il recupero del legno: è "in netta difficoltà".

Allora, dicevo, cosa bisogna fare? Buttare tutto in discarica o nell'inceneritore? No. Secondo me il problema dei rifiuti si risolve semplicemente non producendo rifiuti.

Quando acquistiamo un flacone di detersivo, paghiamo sia il contenuto (l'unica cosa che serve) sia il contenitore. E poi paghiamo di nuovo la bolletta dei rifiuti perché qualcuno ci porti via da casa quello stesso contenitore.

Ci avete mai pensato? E' un'autentica follia. Per fortuna che ci sono il vuoto a rendere e i prodotti alla spina.

Temo però che i prodotti alla spina non piacciano ai piani alti dei palazzi di governo. Lì, mi pare, si persegue il concetto che tutto fa Pil, e che le imprese possono guadagnare due volte producendo i contenitori inutili: prima vendendoli ai consumatori con qualcosa dentro, e poi facendosi pagare dai consumatori per portarli via quando sono vuoti. Ma questo è un altro paio di maniche.

Contenitori, confezioni e imballaggi assortiti probabilmente non sono del tutto eliminabili. In larga parte sì, però: e cominciamo ad arrivare fin lì. Ne trarranno beneficio sia l'ambiente sia le nostre tasche. I pochi rifiuti che non si può fare a meno di produrre, quelli sì che, secondo me, devono andare alla raccolta differenziata e al riciclaggio.

Non importa se dal punto di vista economico è più conveniente seppellirli da qualche parte o addirittura bruciarli (e in questo caso la convenienza, per chi gestisce gli inceneritori, sta nei famosi Cip6): tutto ciò che, non più utilizzato, viene avviato ad una nuova vita non impoverisce le risorse del pianeta.

Se ricicli carta e cartone, non tagli alberi. Se riusi le lattine, non estrai altro metallo dalle miniere, che non ne possono certo fornire una quantità infinita. L'ho già detto: la questione secondo me va posta così.

Fonte: Blogeko


sabato 24 gennaio 2009

Finalmente chiarezza sulle ecoballe campane

"Le materie prime sono una cosa e il CDR-Q (Combustibile Derivato dai Rifiuti di qualità elevata) e gli scarti ferrosi un’ altra e sono rifiuti."

La sentenza emessa il 22 dicembre a proposito della causa C‑283/07 e resa nota qualche giorno fa, chiarisce appunto che l’Italia non deve adeguare i rifiuti e il ferro a materie prime e che nel caso dei primi questi non sono da bruciare nei termovalorizzarori come fossero metano o carbone.

Insomma i rifiuti sono e restano tali e non vale “trasformarli” per legge in qualcosa che non sono, solo per destinarli ad un termovalorizzatore e la Corte ribadisce che:

Ebbene, il CDR‑Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903‑1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Peraltro, le misure di controllo e di precauzione relative al trasporto e alla ricezione del CDR‑Q negli impianti di combustione, nonché le modalità della sua combustione previste dal decreto ministeriale 2 maggio 2006, dimostrano che il CDR‑Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili.

E dunque il termovalorizzatore di Acerra che sarà inaugurato il prossimo 23 gennaio (o il 26, dipende dalle disponibilità del Premier Berlusconi) non servirà a produrre energia ma a bruciare rifiuti, ed è e resta, solo un pericolosissimo inceneritore e le ecoballe che ci andranno a finire dentro sono solo un ammasso di rifiuti (e come tali andrebbero trattati) e non carburante.

Fonte: ecoblog

venerdì 23 gennaio 2009

Nuovi sviluppi sul caso 'Paresa'

Quando si è tenuta pochi mesi fa la commissione comunale sul caso Paresa, da varie parti politiche si era avanzato il sospetto di come tutta questa brutta vicenda (il premio sulla sicurezza del lavoro) avrebbe potuto avere delle ripercussioni sulla causa legale in corso, in cui è rimasto coinvolto per omicidio colposo il presidente di Paresa Alberto Palladino. La concessione del premio avrebbe infatti rischiato, a detta dei legali rappresentanti della vedova Tafuri, di favorire la concessione delle "attenuanti generiche" al patron dell'azienda, con conseguente caduta in prescrizione del processo penale in corso.

Notizia di oggi è che il processo penale è arrivato finalmente a giudizio con una triplice condanna per omicidio colposo. Le attenuanti generiche non sono state riconosciute per due degli imputati principali, che sono pertanto stati condannati a un anno e quattro mesi di reclusione (con la condizionale). Paradossalmente, ho il sospetto che tutto il clamore mediatico a seguito della pessima figura televisiva dell'amministrazione comunale, abbia potuto in realtà accelerare il processo anzichè ritardarlo (o peggio condizionarlo).

Il premio è stato consegnato solo pochi mesi or sono, dubito che verrà ritirato, però pongo un inquietante interrogativo... se la condanna fosse arrivata prima della consegna del premio, l'azienda sarebbe stata premiata lo stesso ? Io credo proprio di no!

Update: Sembra che la commissione presieduta da Maria Grazia Zittignani abbia deciso finalmente di fare parzialmente marcia indietro, nel senso che verrà ritirato il premio all'impresa ma verrà lasciato ai suoi dipendenti, una sorta di via di mezzo per salvare la faccia.

giovedì 22 gennaio 2009

Change we can or change we must ?

Voglio rilanciare un consiglio al nuovo presidente americano in tema di Energia (ammesso che ne abbia bisogno) condividendo la ricetta espressa dall'associazione internazionale "The Oil Drum":
  • E' l'energia e non il denaro che muove l'economia. Se i miliardari americani decidessero ad esempio di regalare una vagonata di miliardi di dollari al governo americano, ne ripagherebbero il debito, ma non altererebbero di una virgola la disponibilità di fonti energetiche fossili. Pagare l'energia per muovere le fabbriche non significa crearla.
  • L'energia non è tutta uguale. Quella a buon mercato l'abbiamo ormai alle spalle, per recuperarla da fonti non convenzionali come le sabbie bituminose oppure minerali di uranio a bassissima concentrazione serve tanta energia quanta quasi quella che se ne ricava, rendendo il processo assai poco redditizio dal punto di vista termodinamico.
  • Investire in turbine eoliche e solare piuttosto che in nuove prospezioni petrolifere, affinchè il ritorno dell'investimento sia continuo negli anni e non solamente limitato temporalmente allo sfruttamento di piccoli giacimenti residuali, che poco possono fare in termini di sostenibilità globale dei nostri consumi.
  • I prezzi più alti per l'energia sono una buona cosa, a patto che i profitti vengano reinvestititi in nuovi sistemi di energia (meglio se rinnovabile) e non vadano ad ingrassare i dirigenti delle multinazionali.
  • Il pubblico deve essere educato a prezzi energetici più elevati. L'alternativa è tra pagare di più l'energia o averne meno a disposizione.
  • Anche se è una misura altamente impopolare, Obama dovrà introdurre una tassa sulla benzina, per arrivare gradualmente ai livelli europei, senza peraltro ridurre le altre tasse. Questo ridurrà i viaggi superflui e stimolerà l'ingegneria americana all'efficienza nei trasporti.
Questi consigli valgono ovviamente a maggior ragione anche per l'Italia, affinché si passi dal motto "Change We Can" al nuovo "Change We Must", ed ipotecare così la speranza di un futuro almeno decente per le prossime generazioni.

Intanto, in Arabia Saudita si tiene un summit mondiale per discutere sul futuro delle energie rinnovabili, il world future energy summit.

mercoledì 21 gennaio 2009

Chi mi (OB)AMA mi segua

Ieri 20 Gennaio 2009 è arrivato il fatidico momento del cambio di consegne fra George (dabbliù) Bush e Barak (Hussein) Obama, nella spettacolare cornice del National Mall di Washington, letteralmente stracolmo di gente (la capienza massima è di 2 milioni di spettatori, non di certo un teatrino parrocchiale). Ha prestato quindi giuramento il 44° presidente degli stati uniti, sulla bibbia originale del 1891 che fu di Abramo Lincoln, diventando il primo afroamericano della storia a sedere nella poltrona più importante e scottante del mondo.

Giusto per tenere fede al "cliquet" di persona attenta alla sostenibilità e alla sobrietà, Barak ha deciso di recarsi da Philadelfia a Washington viaggiando in Treno, subito ribattezzato Obama Express. Con lui la moglie Michelle, pluri-laureata ma considerata da molti come incapace di scegliersi un vestito decente. Se Michelle ha scelto una stilista cubana, forse un motivo ci sarà, che sia una nuova apertura verso il regime castrista ?

Come giustamente si fa notare in questo Blog, la foto ufficiale di Barack Obama, per la prima volta nella storia ripresa con una macchina digitale, riesce a farlo sembrare addirittura simpatico, da l'idea finalmente di qualcosa di sincero e non costruito a tavolino, compresi i peli sulla giacca, il filo tirato della camicia, i peletti sulle orecchie, e il generale aspetto vagamente "casual" che caratterizza l'immagine che il nuovo presidente vuole dare di se.

In ogni caso, non è certo per il look suo o della moglie che milioni di persone si sono assiepate ad ascoltare il discorso di investitura del nuovo presidente (qui la versione integrale tradotta in italiano).

Al di la della solita retorica che fa sempre impazzire gli americani, quella del paese dove "tutto è possibile" (anche che un nero arrivi alla casa bianca, quando solo 60 anni prima non avrebbe nemmeno potuto essere servito in un ristorante), e ai continui riferimenti ai "padri fondatori" della patria, ci sono grosse novità nel suo discorso.

La prima novità è l'idea della responsabilità di agire in campo energetico per lasciare ai propri pronipoti un mondo sostenibile, pur tuttavia senza rinunciare al consueto e inamovibile paradigma della crescita infinita dell'economia:
Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Respingeremo lo spettro di un mondo che si surriscalda.

La seconda novità è l'apertura ai mondi arabi e non, con un tentativo di riconciliazione verso quei popoli che hanno sempre più spesso visto nell'America l'emblema del sopruso e dell'arroganza, atteggiamento favorito dagli atteggiamenti guerrafondai e anti-ambientalisti di Bush (pur a fine mandato congedatosi addirittura con un atto ecologista):
Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere.

La terza novità è l'esplicito riferimento alla schiavitù, citando le sofferenze di coloro che, pur in condizioni subalterne, hanno contribuito a creare la nazione americana così come la conosciamo oggi:
Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita. Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duro terreno.

La quarta novità (ed ultima) è il desiderio di cambiare volto alle regole che governano l'economia, complice la crisi che avanza e rischia di mangiarsi gran parte della ricchezza a cui l'America era abituata:
Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertà non conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che un paese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi.

Insomma, questo è il primo presidente dell'era post-petrolifera, il destino di troppi è in mano sua, speriamo che di questa enorme responsabilità sappia farne buon uso.

P.S. se volete falsificare qualche assegno, questa è la firma del presidente...

UPDATE: Tutte le foto più incredibili scattate durante la cerimonia di investitura.

domenica 18 gennaio 2009

Perchè non bisogna avere troppa paura del latte crudo

Il latte crudo è rischioso e poco sicuro, questo è il messaggio che taluni mass media propongono con insistenza, ipotizzando un "rischio potenziale" non accettabile per i consumatori. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa in questo articolo.

Sgombrerei subito dal campo la questione della differenza fra "rischio potenziale" e "sicurezza" del prodotto, che sono due cose ben distinte, il primo si riferisce all'individuare cause note di pericolosità, il secondo a una valutazione statistica "a posteriori". Se si sale su un impalcatura si ha un "rischio potenziale" di cadere, rischio che si può "diminuire" a piacere aumentando le precauzioni di "sicurezza" (ma mai annullare), la "sicurezza" aumenta solo se rilievi statistici mostrano che le precauzioni hanno funzionato. Le due grandezze sono in qualche modo legate fra loro da relazione reciproca ma non andrebbero confuse. Esempio: Andare in aereo espone a molti rischi potenziali, ma è al contempo un modo di viaggiare estremamente sicuro.

Secondo me il problema sta tutto nel rapporto costo/benefici attesi. Quali pratiche di sicurezza mi consentono di tenere l'eventualità di un danno a un livello statistico accettabile ? Per saperlo occorre ovviamente valutare l'entità statistica di questo rischio e confrontarlo con le altre cause che possono darmi lo stesso effetto dannoso.

Nel fatto specifico, il legislatore sostiene qualcosa come: "dato che c'è un rischio potenziale che il latte crudo crei grave danno alla salute, dobbiamo limitare la diffusione di questa modalità di distribuzione o applicare vincoli molto rigorosi per chi vuole perseguire questa strada". Io non sono granchè d'accordo con questa affermazione, per lo stesso motivo per cui non avrebbe senso una legge che imponesse ai coltelli da cucina di essere venduti solo "senza affilatura" per essere più sicuri.

Viviamo in un mondo pericoloso, dove i fattori di rischio sono tantissimi, abbiamo mai calcolato seriamente il rischio di essere investiti quando attraversiamo la strada, o di respirare monossido di carbonio da una stufa ? Rimanendo nel campo alimentare, qual'è il profilo di rischio nel mangiare carne cruda, oppure bere uova fresche, oppure mangiare mitili non bolliti, oppure formaggi sfusi, oppure bere acqua di sorgente non filtrata, rispetto alla probabilità di ammalarsi bevendo latte della stessa identica patologia ?

Non è un po una ipocrisia quella di arrovellarsi per il latte crudo mentre 1260 persone nel 2007 muoiono per incidenti sul lavoro, media più che doppia rispetto a quella europea ?

Nel complesso, in Italia nell’anno 2007 sono stati rilevati 230.871 incidenti stradali, che hanno causato il decesso di 5.131 persone, mentre altre 325.850 hanno subito lesioni di diversa gravità. I casi di infezione di AIDS nel 2008 sono stati 130.000. I morti per sindrome emolitico-uremica sono monitorati su scala nazionale dal 1988 attraverso una rete nazionale di sorveglianza, e rispondono ad un tasso medio di 0,2 - 0,3 casi ogni 100.000 abitanti (relativamente pochi quelli mortali, il 90% dei casi concentrati in fascia pediatrica) a prescindere dall'accertazione delle reali cause. Certo che per chi ci capita sotto è un dramma, cosa fare allora per minimizzarli ?

304 casi di e.coli rilevati dal 1988 al 2004

Non ne saprei fare una stima precisa, ma direi a giudicare dai tassi di mortalità, esiste un rapporto fra latte e altre cause di rischio diversi ordini di grandezza per gli incidenti automobilistici o sul lavoro, due ordini di grandezza per la carne e i mitili,  così come anche per uova e formaggi.... ovviamente anche per il fatto che ci sono molte più persone che si cibano di carne cruda e uova crude rispetto a quelli che solo da tempi piuttosto recenti utilizzano regolarmente latte crudo non pastorizzato.

Le statistiche sono comunque molto molto pericolose e andrebbero sempre considerate "cum grano salis".

10 soli i casi realmente accertati di sindrome emolitico-uremica nel 2007 e 2008 riconducibili forse al latte (l'unica fonte accertata riconducibile con certezza al latte sembra sia una bambina di 3 anni di Legnago), contro i 25 casi all'anno circa per tutte le altre cause alimentari accertate (specialmente carne cruda e salse a base di uova). Se ci basassimo solo su queste cifre verrebbe da sostenere che fra tutti i fattori di rischio bere latte crudo sia una delle cose meno pericolose che esistono nella nutrizione (così come viaggiare in aereo, anche se il senso comune non lo riesce mai ad accettare). Persino le verdure non lavate sono considerate pericolose perchè possono veicolare larve e altri patogeni tossici.

Carne, uova, formaggi freschi meriterebbero per lo meno parità di trattamento, non pensate ? La carica batterica ha una evoluzione esponenziale, pertanto se il latte crudo può essere pericoloso, un formaggio fresco non pastorizzato potrebbe essere addirittura un KILLER! La carne cruda è comunque infinitamente più pericolosa, dato che il consumo di carne cruda (o cotta alla brace, che è uguale) è assai comune nella nostra tradizione e nessuno obbligherebbe mai a mettere nei supermercati cartelli del tipo "da consumarsi obbligatoriamente previa cottura".

Quì è spiegata abbastanza bene l'intera vicenda del rimbalzo mediatico (e distorsioni) che ha avuto la notizia del latte crudo pericoloso.

Qui e qui ci sono rapporti ufficiali dell'istituto superiore della sanità sulle precauzioni che è bene intraprendere ed i relativi tassi di rischio.

Quì c'è un interessante documento tossicologico della provincia di Lucca del 2007, sono esposti rilievi su 161 casi di infezione da e.coli e altri patogeni, le principali cause sono salsicce, uova, funghi, non è stato possibile identificare mai con esattezza un alimento preciso ne tanto meno il latte.

Quindi, il rischio potenziale ovviamente c'è, impossibile negarlo, però con "semplici precauzioni" come controlli capillari della catena del freddo, analisi a campione, INFORMAZIONE CORRETTA alla popolazione senza però allarmismi mediatici, si può diminuire ulteriormente un "profilo di rischio" già di per sè molto basso, in modo da renderlo ancora più trascurabile.

Fare bollire il latte è una buona pratica, così come verificare che il gas non sia lasciato aperto prima di uscire di casa. Una precauzione che aumenta la sicurezza non può essere ricondotta solamente ad un obbligo di legge, dato che è nei fatti impossibile farlo rispettare. Diverso è il caso della grande distribuzione (dove è imposto giustamente). Il mio timore è che si darà un giro di vite ad un settore importante, che abitua le persone a considerare la nutrizione da un punto di vista più sostenibile (filiera corta, rispetto degli animali, diminuzione dei rifiuti, controlli migliori negli stabilimenti zootecnici).

L'Italia è il paese dove al supermercato siamo tutti schifati nel sapere che i cibi confezionati sono pieni di conservanti e antiossidanti, eppure se non ci fossero sarebbero davvero molto più pericolosi, tuttavia la percezione comune è che i conservanti non ci dovrebbero stare proprio per tutelare la nostra salute! Ciò è folle. Per rimediare, la propaganda dei media ha bisogno di ricordare sempre il messaggio "attenzione, il prodotto industriale è ultra-sicuro, quello artigianale invece no... La filiera corta è un grosso rischio!".

Quando leggo poi dei casi del latte in polvere industriale contaminato da melamina, mi può venire oppure no il legittimo sospetto che ci pigliano un po per il culo e che c'è qualcosa di losco dietro a taluni atti di apparente tutela della nostra salute ?

In conclusione, mi sento di sostenere, anche se non sono un tecnico specifico della materia, che il latte crudo è potenzialmente rischioso ma statisticamente molto sicuro, e che per stare assolutamente tranquilli, specialmente in età pediatrica, meglio bollirlo 5 minuti, oltre alla generica raccomandazione ben leggibile sui distributori proprio non andrei, per non creare inutili psicosi.

Immagine: Batterio Escerichia Coli al microscopio

venerdì 16 gennaio 2009

Il 55% di detrazione è salvo

Il governo l'aveva sparata veramente grossa. In principio il provvedimento è uscito con una norma retroattiva che avrebbe rischiato di mandare in fumo i programmi economici di coloro che nel 2008 avevano investito nella ristrutturazione energetica degli edifici. Poi il meccanismo del "silenzio diniego" che ha fatto inorridire persino Tremonti, secondo il quale se lo stato non risponde entro 30 giorni, la pratica di detrazione si intende rifiutata (campa cavallo), infine la limitazione al tetto di copertura finanziaria che avrebbe si e no garantito le sole richieste del Trentino Alto Adige. Poi finalmente qualcisa si è mosso.

Complici le proteste (sul web, su facebook, con petizioni, etc.) e qualche singulto di buon senso dell'esecutivo in fase di stesura della finanziaria, si è messo una pezza a queste norme che sembravano essere scritte letteralmente con i piedi (senza nemmeno togliersi le scarpe).

Ora finalmente una (piccola) buona notizia: con la nuova finanziaria é riconfermata la detrazione del 55% sugli interventi di riqualificazione energetica; il 2008 rimane cosi' com'era, dal 2009 la detrazione verrà spalmata su 5 anni (anziché 3), spariscono il silenzio-dissenso e la retroattività, nonchè il tetto di spesa massimo, almeno per due anni., come chiarito quì. Rimane l'obbligo di presentare domanda online entro febbraio 2009 per non perdere i diritti acquisiti di chi ha già effettuato i lavori ma ancora non ha contattato l'ENEA, iter piuttosto complicato.

Tutte le informazioni dettagliate potete trovarle in questo comunicato.

giovedì 15 gennaio 2009

La tifoseria dei cambiamenti climatici

Desidero pubblicare un articolo di Luca Mercalli apparso sul quotidiano La Repubblica il 13 Gennaio 2009, dal nome "I negazionisti del gas serra". Parla nella sua consueta maniera semplice e diretta dello scontro fra catastrofisti e negazionisti, talvolta sempre più prossimo alla tifoseria calcistica. Questo atteggiamento, che vede fazioni contrapposte depositarie di certezze assolute, rischia seriamente di gettare discredito verso tutti gli studi sui cambiamenti climatici. Questi andrebbero invece perseguiti nell'ottica del massimo rigore e della massima trasparenza e collaborazione, in quanto il rischio potenziale delle conseguenze è troppo alto perchè la materia venga trattata con la consueta superficialità, tipica di molte testate giornalistiche.

Karasjok, nella Norvegia settentrionale, è uno dei luoghi più freddi d' Europa, nel 1886 ha registrato 51 gradi sottozero. Nei giorni scorsi vi faceva più caldo che a Piacenza, con "soltanto" meno nove gradi, nel buio della notte polare. Lassù il dicembre 2008 si è chiuso con sette gradi oltre la media. Quindi, mentre nell'Italia innevata il riscaldamento globale non va più di moda, in Scandinavia si potrebbero fare titoli cubitali sulla sua avanzata.

L' aggettivo "globale" serve proprio per evitare questo continuo rumore di fondo focalizzando l' analisi su un dato significativo per l' intero pianeta. Michel Jarraud, segretario generale dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale ha dichiarato che «nonostante l' attuale freddo sull'Europa centro-meridionale, la tendenza generale rimane senza dubbio verso il riscaldamento». Ed è la stessa agenzia internazionale, che dal 1951 coordina le osservazioni meteorologiche di tutto il mondo, a ribadire che il 2008 è stato il decimo anno più caldo dal 1850 (il settimo in Italia dal 1800, dati Cnr-Isac) e ha visto una stagione degli uragani atlantici tra le più attive, con 16 eventi.

E i ghiacci artici in aumento? Frutto di un frettoloso giornalismo in cerca di scandali, basato su dati non correttamente interpretati a causa di differenti satelliti utilizzati dal 1979 a oggi per misurare la banchisa artica. (AspoItalia ha fatto chiarezza qui: www.aspoitalia.it). Ma è assurdo trasformare il problema del cambiamento climatico antropogenico in uno scontro da tifoseria calcistica: oggi fa freddo uno a zero per i negazionisti, domani fa caldo e segnano i serristi. Così come è assurda la divisione, aggressiva e improduttiva, tra elenchi di scienziati pro e contro: la scienza non si fa a maggioranza, ma verificando le ipotesi con fatti ed esperimenti.

L'Ipcc, tanto vituperato quanto poco conosciuto, non è certo depositario di verità assolute, ma ha posto in essere dal 1988, anno della sua fondazione, un serrato processo di validazione dei dati che è quanto di meglio oggi si sia riusciti a mettere in atto con la cooperazione di tutti i governi. Il riscaldamento degli ultimi decenni è inequivocabile e l'aumento dei gas serra è il processo fisico che ha maggiori probabilità di spiegarlo, come aveva già intuito nel 1896 il chimico svedese Svante Arrhenius.

Sulla previsione del futuro le incertezze sono molte di più, lo diceva già il Nobel per la fisica Niels Bohr, ma da quando nel 1967 Syukuro Manabe e Richard Wetherald del Geophysical Fluid Dynamics Laboratory di Princeton elaborarono la prima previsione numerica computerizzata del riscaldamento atmosferico causato dall'aumento dei gas serra, qualcosa si è imparato e il legame più CO2 uguale più caldo non è mai stato smentito. Semmai è la complessità delle interazioni nell'intero sistema terrestre - atmosfera, oceani, ghiacci, suoli, foreste, alghe, batteri, uomo - a rendere per ora limitata la comprensione del problema.

Il fatto che poi le risposte all'aumento della concentrazione di gas serra siano lente rispetto alla durata della vita umana e si esplicitino in molteplici modalità, ci priva di quella desiderabile verifica causa-effetto che in altri settori della scienza è talora più netta, ma meno diffusa di quanto si immagini. Se prendiamo la medicina, vediamo che sono ancora molte le patologie mal conosciute. Non per questo si rinuncia alla cura. E considerando il fumo, pur nella concorde affermazione della sua tossicità, nessuno è disposto a credere che quelle cupe minacce stampate sul pacchetto di sigarette si verificheranno proprio su di sé molti anni più tardi. Se le sigarette uccidessero all'istante, il nesso causa-effetto sarebbe chiarissimo e nessuno fumerebbe.

La posta in gioco sul riscaldamento globale è dunque così alta che la sua prevenzione, in sintesi la riduzione dell' uso di combustibili fossili a vantaggio di energie rinnovabili e sobrietà, presenta comunque vantaggi collaterali, come nel caso del fumo, clima o non clima. Consumare meno e meglio, ridurre inquinamento e rifiuti, chiudere i cicli produttivi in un pianeta limitato, è un progetto per la salvaguardia a lungo termine del nostro benessere. Personalmente detesto il caldo e adoro neve e freddo, non sono dunque un teologo del riscaldamento globale, preferirei senz'altro l'avvento di un' era glaciale. Ma le evidenze che qualcosa non funziona nel termostato terrestre sono tanto più numerose di quelle che minimizzano il problema, da non poterle trascurare.

Luca Mercalli - Repubblica 13/1/09

mercoledì 14 gennaio 2009

Il ruolo delle società partecipate nei comuni

Voglio rilanciare questo illuminante post di Alessandro Ronchi sul ruolo delle società partecipate all'interno delle amministrazioni comunali. In tempi di crisi si sa che occorre sempre fare il conto con le risorse a disposizione, affidare ai privati parte dei processi gestionali di competenza comunale ha il vantaggio di liberare risorse da spendere per altri campi, come il sociale, la cultura, l'urbanistica, la sicurezza, la gestione del territorio, ma pone anche qualche problema.

Tali risorse liberate, ad esempio, non dovrebbero mai essere dirottate completamente e abdicare così all'indispensabile ruolo di "controllo", necessario per garantire una corretta pianificazione di mandato. Aziende ed enti a partecipazione pubblica, come Atr, ma soprattutto Hera SPA, obbediscono a contratti di servizio che talvolta sembrano essere più espressione diretta delle necessità dell'azienda stessa che del vincolo di fornire risposte reali alle richieste dei cittadini.

E' forse un caso infatti che, malgrado studi approfonditi come quelli di Alfonso Andretta, o l'esperienza di Forlimpopoli, ancora non si sia partiti nel pianificare l'estensione della raccolta domiciliare spinta anche sul nostro territorio ? Le preoccupazioni di tipo "finanziario" che modifiche nella gestione comportano, sono davvero reali oppure sono dettate esclusivamente da riflessi economici che vedono nella remunerazione del capitale l'unica strategia operativa perseguibile ?

Aziende come ATR, oppure SEAF a Forli, ed in generale aziende che operano nel ramo dei trasporti pubblici, saranno sempre e solo in passivo per definizione, i costi calmierati dei biglietti infatti occupano appena un terzo in media di quanto serve per ripianare il bilancio di esercizio, in questi casi affidare a privati la gestione ha un senso in quanto il recupero di efficienza potrebbe compensare in parte le spese per ampliare e migliorare il pubblico servizio. Paradossalmente, in questi contesti è più facile investire.

Il caso di Hera invece è assai diverso, la legge obbliga a riversare completamente ai cittadini l'intero costo di gestione, tramite il meccanismo della Tariffa (che non significa che si paga quello che si consuma, ma significa che il cittadino deve ripianare sempre e comunque in toto quanto l'ente spende). Hera quindi è una delle poche (forse l'unica) azienda partecipata che ha degli utili, e questo la pone necessariamente in una "linea grigia di confine" rispetto agli obiettivi pubblici dell'amministrazione.

Investire nel miglioramento del servizio ? SI! Ma a patto che i bilanci di Hera non ne soffrano... se si insisterà si proporrà "automaticamente" di aumentare le tariffe, così si disincentiva sul nascere qualsiasi operazione che non sia un "efficientamento" del sistema già consolidato. Sorpresi che il rifiuto trattato dal gestore sia sempre costantemente in aumento ?

Un corretto approccio è quello invece di farsi la seguente domanda: "Abbiamo le risorse per affrontare questo progetto ? Sapendo che fornisce un servizio migliore al cittadino e all'ambiente, ma al contempo riduce i margini di guadagno della società, conviene perseguirlo ugualmente ?"

Se rispondete di no, probabilmente sarete i prossimi candidati in occasione del rinnovo del C.d.A. di Hera.

lunedì 12 gennaio 2009

Conferenza pubblica a Ravenna su Salute e Ambiente

Vi segnaliamo un interessante incontro pubblico che si svolgerà a Ravenna Mercoledì 14 Gennaio organizzato dall’Associazione Collettivo Bizantinum e dal MeetUp Beppe Gillo di Ravenna.

AMBIENTE E SALUTE
Cosa può fare un cittadino per tutelarsi
e vivere in armonia con l’ambiente

Relatori della serata saranno il Prof. Gianni Tamino (Docente di Diritto Ambientale Università di Padova) e la dr.ssa Raffaella Pirini (Presidente Ass. Clan-Destino). Per gli interessati alle 19:30 verrà organizzata una cena vegan, su prenotazione. Per tutte le informazioni cliccate sull’immagine della locandina.

sabato 10 gennaio 2009

Per la pace in palestina, restiamo umani

Normalmente la nostra associazione si occupa di ambiente, salute e buone pratiche ambientali, cercando di restare fuori dalla bagarre politica, non possiamo ne vogliamo però restare indifferenti rispetto alle atrocità che stanno accadendo in Palestina in questi ultimi giorni. Nessun approccio globale e razionale ai problemi dell'ambiente è possibile se si continua, in certe regioni del mondo, a fare prevalere la logica della violenza e della guerra, indipendentemente da chi ha ragione e ha torto. E' per questo che abbiamo partecipato ieri, con entusiasmo, alla fiaccolata per la pace in palestina. Tutte le foto che ho scattato della manifestazione sono pubblicate in questo album di Facebook.

All'evento erano partecipi non meno di 300 persone, compresi anche parecchi ragazzi della comunità mussulmana di Cesena, il che non trovo affatto disdicevole dato che proprio il popolo mussulmano sta affrontando nella striscia di Gaza una offesa alla dignità umana senza precedenti. Il tentativo di disumanizzare un popolo, classificandolo in termini qualunquisti come "terrorista", è il pretesto per disumanizzare donne, bambini, ragazzi innocenti .... non è possibile per la mia sensibilità restare equidistante e indifferente. Oltre 800 morti e 2000 feriti, molti dei quali con gravissime e irreversibili amputazioni, non possono pareggiare il conto con la mezza dozzina di soldati israeliani morti in combattimento, consapevoli del rischio che la guerra aperta comporta. Di morti causati dai razzi dei "crudeli" terroristi di Hamas, poi, nemmeno l'ombra! Ne sapete niente ? Si parla di israeliani terrorizzati e in stato di shock, ma di vittime non se ne parla mai.

Fatevi una idea voi se ci riuscite, aborro il terrorismo e desidero essere neutrale, ma è difficile in questo momento... FERMARE LA GUERRA è l'unico slogan che dovrebbe essere urlato all'unisono dalla comunità internazionale. Se invece volete farvi del male, guardate pure qui, qui, qui, qui, (stop sennò non basta una vita per esplorare la rete). Insomma, prendete posizione come vi pare, però cercate di non essere cinici ma soprattutto cercate di restare umani, bellissimo slogan portato in corteo durante la fiaccolata.

Allego un documento girato da Davide Fabbri, che ripercorre a grandi linee la cronostoria di tutta la vicenda:

Nel Gennaio del 2006, contro ogni previsione, il partito politico di Hamas vince le elezioni nei territori palestinesi avendo la meglio sul partito moderato capeggiato da Abu Mazen e sostenuto da Stati Uniti e Israele. Le prime e libere elezioni del mondo arabo, hanno dato il 44% dei voti ad Hamas sulla base di un programma di lotta alla corruzione e di miglioramento dei servizi pubblici nella striscia di Gaza. Ed è proprio da qui che nascono problemi, perché fino al 2007 sia gli Stati Uniti che Israele, invece di riconoscere il governo palestinese di Hamas, democraticamente eletto, hanno tentato da subito di rovesciarlo, progettando e fomentando una guerra civile palestinese e armando le milizie di Fatah al fine di imporre un nuovo governo non eletto. Questi scontri durano per oltre un anno provocando la morte di centinaia di persone in entrambe le fazioni.

Nel Marzo del 2007, Hamas accetta di formare un governo di unità nazionale con Fatah. Ma nonostante questa grande azione diplomatica gli scontri tra le due fazioni non cessano fino a sfociare nel mese di Giugno 2007 nella battaglia di Gaza. A questo punto Abu Mazen, presidente del partito moderato palestinese sostenuto da Stati Uniti ed Israele, dissolve il governo di unità nazionale e Hamas conquista militarmente il controllo della striscia di Gaza instaurando un governo presieduto sempre da Ismael Haniyeh (colui che aveva vinto le elezioni), Abu Mazen lo accusa di un colpo di stato mentre Haniyeh si difende rivendicando la propria legittimità a governare in virtù della vittoria elettorale del 2006.

Nel settembre del 2007, Israele dichiara la striscia di Gaza “territorio ostile” sottoponendola ad un rigido embargo, tagliando i rifornimenti di carburante e generi alimentari. Questo blocco che fu criticato dalle associazioni internazionali per i diritti umani, nel giro di pochi giorni compromette la giù malmessa economia della striscia.

Nel Marzo del 2008, Israele mette in piedi un’offensiva aerea e terrestre sulla striscia di Gaza chiamandola “operazione inverno caldo” provocando la morte di 112 palestinesi di cui la metà civili.

Nel Giugno del 2008, Hamas e Israele concordano una tregua di sei mesi attraverso un patto bilaterale: Israele doveva rimuovere il blocco economico alla striscia di Gaza e Hamas poneva fine al lancio dei missili. La pioggia quotidiana di razzi si interrompe, ma Israele non riapre i valichi e continua a compiere omicidi mirati contro esponenti di Hamas.

Nel Novembre 2008, approfittando della distrazione mediatica sulle elezioni presidenziali americane, Israele rompe la tregua attraverso un’incursione militare nella striscia di Gaza uccidendo diversi miliziani di Hamas. Il 5 Novembre 2008 così riprende il lancio dei razzi sul sud di Israele.

Il 27 dicembre 2008, Israele scatena l’operazione “piombo fuso” uccidendo in poco più di dieci giorni quasi 700 palestinesi, per metà civili. Il resto è storia ancora da scrivere.


Voglio ricordare una giovane pacifista americana di nome Rachel Corrie uccisa barbaramente il 16 Marzo del 2003 da una ruspa israeliana che stava buttando giù le case sulla striscia di Gaza. Rachel manifestava pacificamente tentando di impedire che l’abitazione di un medico palestinese venisse abbattuta. Senza il benché minimo pudore umanitario è stata investita da una ruspa israeliana. Il suo ricordo e soprattutto il suo sacrificio dovrebbero farci riflettere.

Notate come sono chiamate queste offensive: "Inverno Caldo", "Piombo Fuso" ... in piena tradizione con le americane "Tempesta del deserto", "ripristino della speranza", "scudo frontale", "angelo dei mari" .... ma quando la smetteremo con tutta questa propaganda di dare nomi idioti ai conflitti e comincieremo a chiamarla semplicemente e schifosamente GUERRA ?