lunedì 22 ottobre 2007

Ambientalismo all'italiana

Riporto un articolo di Federico Valerio, che nel suo blog mostra i rischi a cui andiamo incontro spacciando per ecologismo sostenibile scelte dettate dal puro impatto emotivo. Senza una accurata analisi scientifica delle conseguenze non è opportuno spingere scelte che sulla carta sembrano andare verso una direzione ecologica. Esempi ne abbiamo a bizzeffe, dall'assurdità dei biocarburanti, per finire all'utilizzo del "mater-bi" prodotto dal mais per la realizzazione delle plastiche biodegradabili. Nell'articolo si mostra come queste plastiche, se mescolate alla plastica normale, ne impediscono il riciclo (non sono compatibili). Anzichè fare come si fa in Inghilterra, dove i sacchetti di plastica sono pesantemente tassati e si incentiva l'uso dei sacchetti riusabili di materiale tessile, si vuole spingere nel consumo di materiali biodegradabili, pur di non cambiare le abitudini al consumo della gente. Quello che sembra un passo avanti, rischia di creare più problemi di quelli che risolve.

La rivoluzione italiana ai sacchetti di plastica sarà quella preannunciata da Ermete Realacci, ministro all'ambiente in pectore del prossimo governo Veltroni: i sacchetti di plastica saranno sostituiti da sacchetti di bio-polimeri, secondo il brevetto Novamont che con mezzo chilo di mais ed un chilo di olio di girasole produce 100 sacchetti biodegradabili.

L'articolo sottolinea che entusiasti dell'idea sono anche gli agricoltori che stimano che per produrre le 300.000 tonnellate di bioplastiche che dovranno sostituire le equivalenti tonnellate di polietilene, oggi usate per produrre 15 miliardi di sacchetti, basta coltivare a mais e girasole 200.000 ettari di terreno.

Questa soluzione viene spacciata per ecologica invece è una "puttanata" (scusate l'espressione poco scientifica), in quanto di ambientale non ha proprio un bel niente.

In una società realmente in equilibrio con le risorse del Pianeta i sacchetti usa e getta per portare a casa la spesa sono un oggetto da abolire o da far pagare a caro prezzo, quello equivalente al pesante impatto ambientale che essi creano anche se sono biodegradabili.

L'onorevole Realacci ha un'idea di quanto combustibile fossile, quanta acqua, quanti fertilizzanti, quanti pesticidi ci vuole per coltivare 200.000 ettari a mais e girasole, necessari per produrre 300.000 tonnellate di bio-plastiche usa e getta?

Qualcuno ha fatto i conti di quanta anidride carbonica viene rilasciata durante queste fasi di lavorazione e in quelle necessarie per passare dal mais al polimero finito?

L'unico serio utilizzo delle plastiche bio-degradabili è che queste devono sostituire le attuali pellicole e vaschette di plastica utilizzate per confezionari alimenti.

E' anche necessario che questi materiali biodegradabili, necessariamente monouso, e comunque anch'essi riducibili con una intelligente riprogettazione dei sistemi di distribuzione ed imballaggio, possano essere facilmente individuati come materiali compostabili da raccogliere in modo differenziato, insieme alla frazione umida, per avviare il tutto al riutilizzo, rigorosamente ed esclusivamente sotto forma di compostaggio o di fermentazione anaerobica.

Precisare che i trattamenti finali per le bio-plastiche devono essere solo tecniche di trattamento biologico non è casuale.

C'è una subdola conseguenza della scelta promossa dall'onorevole Realacci: la sostituzione delle attuale 300.000 tonnellate di sacchetti in plastica di sintesi, con 300.000 tonnellate di sacchetti di bioplastiche farà diventare quest'ultimi biomasse.
A questo punto, in base ai nuovi accordi, la loro combustione si potrà legittimamente avvalere dei soliti famigerati certificati verdi, a cui si aggiungeranno anche i contributi CONAI, in quanti i sacchetti sono degli imballaggi e la loro combustione, per legge, è una forma di riciclo.

Segnalo infine un altro problema che i sacchetti biodegradabili hanno: sono incompatibili con la raccolta differenziata delle plastiche finalizzate al riciclo di quest'ultime.

Questo significa che scarti di polietilene mescolati a scarti di biopolimero tipo mater-bi non possono essere più riciclati come materie plastiche ed è impensabile separare i due materiali.

Unica soluzione mandare il tutto ai termovalorizzatore!!

Per cortesia qualcuno fermi questa follia!

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un tuo commento se desideri contattare l'autore del post o discuterne il contenuto. Ricorda che sebbene la censura non piaccia a nessuno e i commenti non siano moderati mi riserberò il diritto di cancellarli qualora il contenuto sia volgare, irrispettoso, diffamante, off-topic, o semplicemente inappropriato.